Antonio Fogazzaro
Daniele Cortis
Elena, pallida e accigliata
, passeggia sola nel parco di villa Cortis, ovvero villa Velo a Velo d’Astico. L’atmosfera del bosco è sfuggente e sfumata. Le ombre hanno una consistenza fisica, avvolgono i pensieri della donna, la disorientano, da veri attori la spingono verso il messaggio, poema dell’ombra e della vita
, che testimonierà un amore sublime e ultraterreno: D’inverno e d’estate, da presso e da lontano, fin ch’io viva e più il là.
. L’intreccio dei rami di acacia con quello delle due mani della colonna è simbolo di un desiderio non ancora soddisfatto.
S’avviò al cancello dei giardini e si perdette nelle ombre del bosco. Si perdette nel mistero delle ombre che posano in giro al cancello il loro silenzioso invito, e che si chiudono a pochi passi, dense, sulla via che gira e scompare, sui sentieri che accennano e dileguano. Vi sono là dentro colli e valloni perpetuamente ombrosi, laghi e prati cinti d’ombra, voci di fontane invisibili. Le vette degli alti alberi in giro al cancello annunciano ondulando, mormorando al vento, questo poema dell’ombra e della vita, ne promettono le oscure magnificenze. Ella risaliva il valloncello dove un rivolo gorgoglia fra le ninfee, l’erba affoga il sentiero e, in alto, le acacie dell’uno e dell’altro pendìo confondono nel sole il loro verde, spandono al di sotto un’ombra dorata. Si ascende per di là ad un quieto seno aperto del colle, e quindi, fra gli alberi, al piano erboso dove una colonna di marmo antico, portata dalle terme di Caracalla in quest’altra solitudine reca sulla base due mani di rilievo che si stringono e le seguenti parole: “HYEME ET AESTATE ET PROPE ET PROCUL USQUE DUM VIVAM ET ULTRA.” (D’inverno e d’estate, da presso e da lontano, fin ch’io viva e più il là). Elena ricomparve più pallida. Chiuso il cancello dietro a sé vi appoggiò la fronte a guardar ancora una volta le care, care piante, a dir loro: “Vi vedrò io più mai?” Le altre piante non la intendevano, offrivano sempre, ondulando e mormorando al vento, il poema dell’ombra e della vita, la pace, il fantasticar dolce dell’amore.
Per quanto riguarda la presenza uditiva del fiume, troviamo Daniele, di ritorno in calesse a Villascura, ovvero Velo d’Astico. Egli è affaticato, ha pensieri che scorrono veloci come le correnti del fiume.
Si sentiva male: sentiva una tormentosa inquietudine, un fastidio mortale di sé, della politica, dei nemici abietti, degli amici stupidi. Sì, l’Italia! Ma già se non riusciva oggi, sarebbe riuscito domani. Era il suo destino e anche il suo proposito; ma pure, un giorno d’amore! Dimenticar tutto tutto per un giorno solo, disprezzare il mondo ed unirsi, lei, la più bella, egli, il più forte! Fantasmi di felicità intensa gli attraversavano la mente. Dalla strada che, correndo diritta fra i platani sull’orlo di un immenso piano, cavalca di tratto in tratto le limpide acque dell’alpe imminente, gli occhi di Cortis risalivano avidi le correnti. Si vedeva là con Elena. Ora se la sentiva fra le braccia ridente e tremante come quelle acque pure.
Per quanto riguarda la montagna, in questa scena troviamo gli elementi della natura, tra cui le montagne, nel ruolo di testimoni, con la loro presenza, con la loro maestosità, suggellano una promessa solenne:
Tu hai l’anima sua, avrai lei nell’altra vita. Ora, ch’ella parta, e tu, temprato da un valoroso fuoco, va, combatti, soffri ancora, sii nobile strumento, fra gli uomini, di verità e di giustizia.” Le stelle, le montagne, i grandi abeti severi gli erano testimoni ch’egli rispondeva: ‘Sì, lo sarò’.
Fogazzaro dimostra una passione botanica; basti pensare all’attenzione che dedica ad alcune tipologie di piante caratteristiche dell’ambiente naturale in cui si svolgono i romanzi. E’ ricorrente nel Daniele Cortis la presenza degli abeti, alberi familiari nel paesaggio che incornicia le passeggiate dei due protagonisti e al tempo stesso simboli di tristezza e di forza che entrano in correlazione con lo stato d’animo umano.
Gli abeti dominano il paesaggio in cui Cortis si muove con Elena per il loro colloquio a Villa Carrè, ovvero Villa Valmarana Ciscato a Seghe di Velo d’Astico:
Giunsero in silenzio all’aperto dove una stradicciola corre a destra le praterie verso Villascura e casa Cortis, un’altra scende a sinistra nel fragore del Ròvese, in faccia alle nude scogliere imminenti del monte Barco, una terza va diritta a tre grandi abeti che dal ciglio d’un pendio fronteggiano la vallata. Egli tirò avanti diritto, verso gli abeti.
E poco più avanti:
Intanto erano giunti agli abeti che rumoreggiavano in alto, pieni di vento e piovevano grosse gocce.
Invece, il “grande abete triste” simboleggia il destino di Elena, pressata dal ricatto del marito:
Laggiù in fondo al cannocchiale del portico, di là dagli abeti, si vedeva un verde livido, il cielo turchino sulla pianura. Elena uscì senza ombrello, andò fino al vecchio abete dai rami cadenti che ora è scomparso, ha ceduto, dopo secoli, alla tempesta, come per avverar il triste sogno della sua giovane signora cui non vedeva più. Elena posò un momento la mano sul poderoso tronco fedele, tornò indietro.